Buon compleanno, Gabriele D’Annunzio!

Gli scritti del poeta Vate rinsaldano coloro che desiderano una vita libera e fuori dagli schemi predisposti. È possibile rileggere le sue massime in chiave utilitaristica? 

157 anni fa, in quel di Pescara…

Il 12 marzo 1863, in quel di Pescara nasceva Gabriele D’Annunzio. Il poeta Vate, del quale abbiamo già discusso qui per celebrare l’anniversario della morte, oggi avrebbe compiuto 157 anni. Di certo si tratta di un’utopia, ma al tempo stesso della manifestazione dell’immortalità raggiunta dal Vate. Egli seppe cogliere il momento adatto nell’evoluzione degli stilemi letterari per toccare l’apice della riconoscenza da parte della storia.

Non nascose mai le sue intenzioni in campo sociale ed economico all’interno delle sue opere. Bensì decise di utilizzare gli insegnamenti del Carducci – salvo poi abbandonarlo per via della spregiudicatezza del pescarese – e degli esteti francesi. Dunque si mise a “saccheggiare” tutto ciò che poteva soddisfare il suo pubblico borghese ed elitario. Con la lettura di Schopenhauer e Nietzsche riuscì a rielaborare il mito del superuomo e a permeare le sue opere con il suo panismo e il suo vitalismo che lo renderanno immortale.

Vivere alla D’Annunzio

I tempi cambiano e vivere alla D’Annunzio oggi è praticamente impossibile. L’uomo è stato svirilizzato e il capitalismo uscito vincente da quel lontano 1989 ha imposto una comunità individualistica, ma senza individui. Tutto fa parte di un sistema ben congegnato e nessuno sembra riuscire ad uscirne. L’uomo moderno non sogna più – parafrasando proprio quel Nietzsche tanto caro a D’Annunzio – dunque da quali spinte interne è mosso?

Oggettività, non più soggettività. L’uomo contemporaneo si muove su dei binari prestabiliti, non può più permettersi di perdere tempo per “generare delle nuove stelle“. Siamo difatti arrivati al tempo dell’uomo più disprezzabile: quello che non sa più disprezzarsi. Clicca qui per un approfondimento su Nietzsche

Desiderio di vita e di libertà

È in momenti come questi che si percepisce un desiderio di vita e di libertà maggiore rispetto a quando si è immersi nella monotonia della quotidianità. La quarantena addotta all’emergenza Covid-19 ci permette di capire che nulla va lasciato al caso e che la vita è un dono da apprezzare fino in fondo.

Nel meraviglioso romanzo “Il piacere“, D’Annunzio scrisse ciò: “Bisogna conservare ad ogni costo intatta la libertà, fin nell’ebrezza. La regola dell’uomo d’intelletto, eccola: “Habere, non haberi” (Possedere, non essere posseduto)“. Dunque, rileggendo in chiave utilitaristica la massima dannunziana, possiamo evincere che nonostante le limitazioni imposteci per contenere la pandemia che sta colpendo il mondo intero, noi non dobbiamo assolutamente perdere il senso della libertà. Dobbiamo conservarla dentro di noi e sfruttare il suo potere per migliorarci anche di fronte alle imposizioni di stampo salutistico.

Dant vulnera formam

Dant vulnera formam ovvero “le ferite danno forma“. D’Annunzio scriveva per cognizione di causa. Le sue orazioni e le sue lotte patriottiche non lo hanno di certo lasciato integro. Il Vate decise di combattere nel tetro abisso del primo conflitto mondiale e successivamente occupò Fiume. Onorevoli scelte di vita che lo avvicinarono al Fascismo più avanti.

Volendo riutilizzare – sempre in forma utilitaristica – le sue massime, ad oggi si potrebbe dire che bisogna dare una nuova forma all’uomo e allo spazio nel quale vive “sfruttando” quello che la pandemia porterà nell’immediato futuroClicca qui per leggere i probabili assetti geopolitici del futuro


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