Premesso che la mortalità e il tasso di contagio, almeno in Sicilia, di questo dannato virus, si sono ridotti quasi allo zero. Premesso che le forze dell’ordine fanno il loro mestiere seguendo le prescrizioni del governo. Premesso che se ci sono delle indicazioni, cittadini e gestori devono attenersi o avere il buon senso di avvicinarsi al risultato richiesto.
Ok, ora che ci siamo tolti le zavorre mentali e retoriche possiamo dirlo: ma come si riparte così? Ce lo siamo chiesti e lo abbiamo chiesto a molti gestori di lidi e ristoranti che ieri a Milazzo si sono visti i blitz “dell’esercito” come un plotone di esecuzione, controllori della situazione, minacciando verbali. Ma cosa controllano? Il virus non c’è e il paradosso è che oggi si ha paura dei controlli più di ciò che doveva esser controllato.
Attività rimaste chiuse per mesi, abbandonate dallo Stato, indebitate, provano a rialzarsi. Da un lato le esigenze degli imprenditori, dall’altro le esigenze della gente che non può davvero continuare a sostenere questa farsa: fuori, in giro, in casa attaccati e vicini. Poi in un locale all’aperto, distanziati di un metro. E’ il teatro dell’assurdo.
La società si fonda sulla socialità. La giovinezza non può trasformarsi in un museo della cera. Il controllo richiesto dal Premier Conte, è surreale, orwelliano. Ieri c’erano 30° all’ombra, una temperatura che abbassa di per sé il rischio contagio. Siamo piombati in anni bui, quelli dove si fa la guerra allo spritz.
Improvvisamente ci scopriamo scandinavi. L’Italia è un Paese fondato sull’aperitivo, piaccia o non piaccia. Il nostro è un Paese sostenuto dalle piccole attività: bar, ristoranti, lidi balneari. Lavorano centinaia di persone e professionalità che hanno spesso migliorato il waterfront tirrrenico prendendosene cura. Ci sono poi i giovani e i meno giovani.
La quarantena a oltranza non può esistere, non è sostenibile e se ci sono tavoli dove i posti a sedere sono distanziati a noi viene da ridere. Ma come si impedisce ad amici e parenti che vivono insieme, di stare separati in pubblico? Bisognerebbe avere il buon senso, invece che fare i predicatori del nulla, di ammettere che questo virus ha perso la sua efficacia: ce lo dicono i numeri.
Mentre quello che ancora non sappiamo è se tutti quei morti, li ha fatti il virus o è stata una concausa o le terapie sbagliate. Oggi sono tanti gli esperti che ci dicono che il terrore dobbiamo lasciarcelo alle spalle: sono cambiate le cure, è cambiato anche il modo con cui questo virus colpisce la gente. Il dilemma è sempre lo stesso: prendere o no di coronavirus o scegliere se morire di fame. Tutto deve ripartire o la nuda strada sarà la nostra ultima terapia intensiva. C’è posto per tutti?
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