Il trionfo a tutti i costi
Il trionfo a tutti i costi. È questo il leit motiv dei tre poli geopolitici più importanti del mondo. Cina, Usa ed Europa si scontrano per ottenere il merito di aver sviluppato il vaccino. In un momento così tragico per il mondo intero, si dovrebbe fare squadra per ottenere dei risultati più veloci e probabilmente più efficaci, ma i rapporti di forza tra gli Stati esistono e resistono anche in questi determinati frangenti.
La Cina, colpevole – agli occhi dell’opinione pubblica mondiale – di essere l’untrice, ha dichiarato che vi sono ben 1000 scienziati messi all’opera per trovare il vaccino. L’Accademia delle Scienze mediche militari si è subito premurata di affiancare dei volontari agli addetti ai lavori. L’espertissimo biologo cinese Wang Junzhi sta monitorando il continuo susseguirsi delle operazioni. Egli crede che la strada migliore sia quella di sviluppare più vaccini, specialmente uno basato sugli acidi nucleici.
In questo momento l’unica casa farmaceutica ad aver dato il via ai test clinici è la Moderna Therapeutics. La casa statunitense sta testando il vaccino mRNA-1273 su 45 pazienti volontari. La preparazione artificiale è stata prodotta in collaborazione con il NIAID. L’azienda lavorava già da tempo sui Coronavirus dopo le epidemie da Sars e Mers.
La belga Janssen Pharmaceutica, acquisita nel 1961 dalla statunitense Johnson & Johnson sta sperimentando un vaccino con vettori virali e probabilmente sarà inserito negli studi clinici a partire dal prossimo autunno. Volendo rimanere in terra europea è necessario parlare del lavoro della francese Sanofi, la quale sta producendo delle proteine virali con lo stesso metodo usato dalla Janssen.
Concorrenza sleale
Gli Stati Uniti non tollerano la sconfitta. La concorrenza sleale di Donald Trump è sotto gli occhi di tutti. Durante la prima decade di marzo, il Presidente americano avrebbe fatto una proposta alla tedesca CureVac per assicurarsi i diritti del vaccino anti Covid-19. Trump ha cercato un potente alleato, ma si è ritrovato nel ciclone delle critiche.
Nessuno stato al mondo dovrebbe avere un accesso esclusivo al vaccino. È altresì vero che per i governi attuali è difficile dimenticare la lezione del vaccino H1N1. Ai tempi fu una casa farmaceutica australiana a scoprirlo e lo esportò nel resto del mondo soltanto dopo aver soddisfatto la richiesta del proprio stato.
Il vero problema risiede anche nell’economia di ciascuno stato. Di certo soltanto i paesi più ricchi riusciranno ad acquistare il vaccino, lasciando gli stati più poveri sprovvisti della cura adeguata. La concorrenza di certo non viaggia sottoterra. Tutti noi ci auguriamo che la soluzione venga prontamente trovata per uscire da quest’incubo che ne scatenerà sicuramente un altro: quello economico.
In un precedente articolo uscito ieri sul Tirrenico.it si è discusso del “bazooka” finanziario sparato dagli Usa. Certe mosse economiche hanno un duplice, se non triplice risvolto. Gli Stati Uniti hanno mostrato i muscoli e adesso vogliono assolutamente trovare il vaccino per imporre il loro già forte dominio sul mondo intero. Più che una sfida con l’Europa, il vero nemico da affrontare per gli Usa è la Cina comunista.
La barriera all’immunizzazione
“Le questioni politiche ed economiche potrebbero essere la barriera più importante all’immunizzazione”, sottolinea Jonathan Quick della Duke University in North Carolina. Piuttosto che tendere alla collaborazione e alla cooperazione internazionale, si sta procedendo verso una monopolizzazione della soluzione atta a contrastare il Coronavirus. Bisogna però tenere in conto la presenza di un altro ente geopolitico fondamentale: le multinazionali neoliberiste.
Molti dei progetti precedentemente elencati, come quello del CureVac, sono stati finanziati dalla CEPI. L’organizzazione, alla quale fanno parte stati come Belgio, Danimarca, Canada, Australia e Gran Bretagna, oltre alla Bill e Melinda Gates Foundation e alla fondazione Wellcome Trust, ha finanziato – a partire dall’epidemia di Ebola in Africa del 2014 – parecchie ricerche sui vaccini. Con la sua prima campagna in Africa, la multinazionale ha voluto dimostrare al mondo l’esistenza di un paradigma terribile, tipico del neoliberismo moderno.
Quando si tratta di salvare vite a basso reddito provenienti da paesi sfruttati dalle stesse multinazionali, non vi sarà mai un’incentivazione su un vaccino per quanto riguarda la sua produzione ed estensione a chi ne necessita. Assistiamo nuovamente al trionfo del mercato sulla società e l’individuo che la compone. Staremo ancora a lungo sotto questo giogo? O capiremo finalmente che il nostro corpo non è altro che una pedina alla mercé dei potenti?
Nel frattempo la CEPI ha assicurato che con i suoi sforzi e con quelli della Cina, la quale sta lavorando ininterrottamente, si troverà ben presto un vaccino. Si supereranno così gli egoismi transnazionali? Intanto la stima del costo di produzione del vaccino si aggira intorno ai 2 miliardi di dollari. Cifre da capogiro.
Amicus meus, inimicus inimici mei
Dicevano i latini: “Amicus meus, inimicus inimici mei”. Dovrebbe essere una verità assoluta soprattutto in questo periodo così tragico. Da quanto abbiamo analizzato prima, però, non è così e non lo sarà mai. Le ricerche per un vaccino sono lunghe e dispendiose. Tutti gli stati procedono con cautela e lo faranno finché non si avrà la giusta soluzione per vendere il vaccino a chi potrà permetterselo. Le Borse mondiali, specialmente quelle dello stato “vincitore“, avranno delle percentuali che saliranno alle stelle quando la notizia verrà annunciata.
Il profitto ha da tempo eliminato il precetto dell’umanesimo puro e radicato nei suoi fervidi ideali. Ogni stato necessita di rialzare la china dopo un periodo del genere e lo farà giocando sulla pelle di un essere umano qualunque. Ogni vaccino deve essere elaborato e testato con una certa prassi e una certa velocità, nulla può essere lasciato al caso. Ordunque, siamo realmente sicuri che – per vincere questa guerra del vaccino – nessuno utilizzerà dei metodi non convenzionali?
Ce lo dirà il tempo e la nostra capacità di resistere a ciò che ci minaccia fuori dalle nostre case.
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