Donald Trump e l’etica della storia nel giorno dell’Indipendence Day

Donald Trump attacca i democratici sotto il Monte Rushmore. La forte carica simbolica di questo luogo verrà preservata da un nuovo ordine esecutivo firmato dal Presidente. 

Donald Trump Monte Rushmore

Donald Trump torna a tuonare

Il 4 luglio è una data fondamentale per gli Stati Uniti d’America. Il Giorno dell’Indipendenza viene festeggiato con grande fervore dalla popolazione americana. Difatti, 244 anni fa le Tredici colonie si distaccarono dal Regno di Gran Bretagna retto – ai tempi – da Giorgio III. L’Indipendenza viene festeggiata con concerti, partite di baseball e basket, barbecue tra famiglie e feste di vario genere.

Donald Trump non poteva mancare all’appello in questa giornata così gloriosa per i suoi concittadini. D’altronde è proprio nella giornata del 4 luglio che si festeggiano la storia e le tradizioni degli USA, dunque il Presidente non si è esentato dal sacrosanto attacco alla furia iconoclasta che sta colpendo il mondo intero, America in primis. Sotto il Monte Rushmore, all’ombra di Washington, Jefferson, Roosevelt e Lincoln, il Presidente ha lanciato la sua offensiva contro i democratici e il loro sistema.

Difatti è ad essi che appartiene questo movimento pantoclasta e furioso, il quale sta annientando secoli di storia mondiale. “La nostra nazione sta assistendo a una campagna spietata per cancellare la nostra storia, diffamare i nostri eroi, cancellare i nostri valori e indottrinare i nostri figli” ha tuonato Trump. Durante il suo discorso durato 40 minuti, “The Donald” ha inoltre assicurato che il Monte Rushmore resterà per sempre come tributo agli antenati e alla libertà americana.

Il nuovo ordine esecutivo e le proteste dei nativi americani

L’ubriachezza indotta da decenni di propaganda sui nativi americani li ha resi – agli occhi dell’Occidente – i peggiori nemici del progresso e della pace americana. È indubbia la questione riguardante il totale annichilamento della loro splendida cultura per mano dei colonizzatori. Questo però non costituisce un movente per procedere all’abbattimento del Monte Rushmore. Trump ha annunciato la sua firma per un nuovo ordine esecutivo, il quale darà vita ad “un nuovo monumento ai giganti del nostro passato“.

Quella di Trump è una sfida a tutti i manifestanti che sono in piazza da settimane, ma non solo. Egli ha altresì attaccato i democratici – accusandoli di fascismo – e li ha criticati con le parole di Martin Luther King. Dunque il dado è tratto. Trump ha deciso di dare una svolta alla sua campagna elettorale in un luogo fortemente intriso di storia, con la speranza di non veder crollare il suo consenso sotto i colpi dei democratici iconoclasti.

Nel frattempo, come testé detto, i nativi americani hanno protestato contro l’arrivo di Trump. La polizia e la Guardia Nazionale sono intervenute. Con l’ausilio di alcuni carri attrezzi sono stati rimossi i van posizionati lungo la strada dagli eredi delle tribù indigene americane. I manifestanti hanno ricordato che le Black Hills sono sacre per i nativi e che l’interesse di Trump si contrappone a quello dei nativi americani e di altre minoranze.

Un comizio atipico per i tempi che corrono

Il comizio di Donald Trump sotto il Monte Rushmore è stato ascoltato da 7500 persone senza mascherine e le une molto vicine alle altre. Nel frattempo, negli USA, il Covid impera furiosamente. I suoi sostenitori hanno atteso l’arrivo del Presidente sventolando le bandierine a stelle e strisce. Dopodiché hanno assistito ad uno spettacolo di fuochi d’artificio, il quale ha illuminato i volti dei presidenti scolpiti nella roccia.

Difendere le atrocità compiute dai colonizzatori nei confronti degli “indiani” d’America è davvero antitetico e grottesco. I pochi discendenti rimasti, isolati nelle riserve, protestano con dignità e con saggezza, ricordando lo spirito dei loro antenati. Si tratta, ancora una volta, del dualismo tra il bene e il male. O, meglio ancora, della volontà di riscatto da parte di coloro che hanno subito una cocente sconfitta.

Schierarsi sarebbe vano e ignominioso. Bisognerebbe invece sostenere la lotta contro la furia iconoclasta e altresì ricordare ciò che è avvenuto durante l’epoca della colonizzazione. La storia è un monito. Con la sua cancellazione si rischia di commettere gli stessi errori accaduti nel passato. Lo impareranno mai? Capiranno – gli stolti BLM – che non sono le statue il vero problema del XXI secolo? Si batteranno mai per sconfiggere questo capitalismo liquido del quale loro sono i principali attori? La domanda precedente sembra profondamente incoerente, ma è senza furor di dubbio necessaria.


© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni
Stampa Articolo