L’emergenza coronavirus sta mettendo in ginocchio il nostro Paese. Oggi sul Messaggero il parere di un esperto ci segnala le gravi responsabilità del governo Conte. Le riproponiamo al fine di capire cosa poteva essere fatto meglio.
Primo errore: sottovalutare le avvertenze
Avere sottovalutato, nonostante le avvertenze degli esperti (il primo allarme di Roberto Burioni è dell’8 gennaio, ben due mesi fa), la gravità della minaccia dell’epidemia di coronavirus, non solo respingendo la linea rigorista dei governatori del Nord, ma tentando di approfittare politicamente delle circostanze: un’emergenza sanitaria è stata trattata come un’emergenza democratica, come se la posta in gioco fosse l’antirazzismo e non la salute degli italiani (il medesimo Burioni, per le sue proposte di quarantena, è stato accusato di fascio-leghismo).
Secondo errore: i tamponi preventivi
Aver rinunciato, quando la misura sarebbe stata ancora efficace, a una campagna massiccia di tamponi, per la paura di danneggiare l’immagine dell’Italia all’estero.
Terzo errore: mettere l’economia prima della salute
Aver insistito per giorni sulla necessità di far ripartire l’economia, come se questo obiettivo – se perseguito nel momento di massima espansione dell’epidemia – non avesse l’effetto di facilitare il contagio. Non so se, in queste ore, il governo correggerà la rotta, e in che misura eventualmente lo farà. Ma penso di poter dire, sulla base dell’evidenza statistica disponibile, che non essere intervenuti drasticamente e subito avrà un costo enorme in termini di vite umane, prima ancora che in termini di ricchezza.
“Il numero di persone già contagiate è molto più ampio del numero di positivi, e il numero di morti raddoppia ogni 48 ore senza, per ora, mostrare alcun segno di rallentamento. Il tasso di propagazione dell’epidemia, il famigerato R0, è tuttora largamente superiore a 2, probabilmente prossimo a 5 contagiati per infetto.” Aggiunge Ricolfi sul Messaggero: “Se, come molti esperti considerano possibile, il virus dovesse raggiungere anche solo il 20% della popolazione (12 milioni di persone), i morti non sarebbero il 3% (circa 360 mila) ma almeno il triplo o il quadruplo, ovvero 1 milione o più.”
Il problema dei numeri è legato ai posti in terapia intensiva
In poche settimane, superata quota 60 mila contagiati – la soglia di reale contagio nazionale – i morti sarebbero molti di più in percentuale perché non ci sarebbero abbastanza posti letto in terapia intensiva per curare i malati “gravi” ossia quelli con complicazioni. Immaginate un ospedale che deve far fronte a 100 contagiati e ha solamente 16 posti letto per la terapia intensiva. A oggi i posti disponibili in tutta Italia sono 5000, con 12 milioni di contagiati ce ne vorrebbero più di 1 milione, ossia 200 volte la capacità attuale.
Le risorse economiche dovrebbero essere indirizzate prima di tutto a moltiplicare le unità di terapia intensiva e sub-intensiva, perché quasi certamente fra 2 o 3 settimane i malati gravi saranno molto più numerosi dei posti disponibili. E questo però non è stato fatto. Ecco perché la Cina si era subito attivata per costruire ospedali.
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