Mamma li turchi! Santa Sofia diventa un baluardo neo-ottomano
Dopo le minacce inferte tramite l’indegno utilizzo di masse di migranti al confine con la Grecia, il sultano neo-ottomano Erdogan ha cancellato l’immagine di Santa Sofia come simbolo di dialogo interreligioso. A nulla sono valsi gli appelli dell’Unione Europea – ormai sempre più sottomessa al volere di Erdogan – e del patriarca di Mosca Kirill. Ad essi si sono aggiunti anche quelli del patriarca ecumenico di Costantinopoli e del segretario di stato americano Pompeo.
La Basilica di Santa Sofia è appena diventata un baluardo neo-ottomano del nuovo Sultano. L’ufficialità arrivata oggi dal Consiglio di Stato turco sottolinea un dualismo fondamentale: il forte carattere nazionale e religioso turco contro un Occidente sempre più debole. In Europa dilaga la secolarizzazione e si sta cercando di cancellare ogni forma di tradizione cristiana.
Il pensiero globalista, il quale cresce e si radica come l’edera infestante, sta annichilendo il concetto d’identità nazionale indebolendo gli Stati. Non è un caso che le nazioni con una forte crescita si basino su una forte identità socio-culturale e religiosa. Basti pensare alla Cina di Xi, alla Russia di Putin, all’India di Modi e – “amaris” in fundo – alla Turchia del sultano Erdogan.
Non a caso in queste quattro nazioni la religione (ortodossa in Russia, induista in India, musulmana in Turchia e la fede nel Partito Comunista che assume un carattere dogmatico) ha un ruolo preminente.
Prova di forza del sultano Erdogan
Il novello sultano ha un sogno nel cassetto ed è ormai pronto a portarlo al compimento: ricostituire l’impero ottomano. A nulla è bastata la rivoluzione di Ataturk. Per poter riuscire nell’impresa, Erdogan necessita di un consenso egemonico basato sulla centralità dell’Islam. In politica estera, il novello sultano vorrebbe espandersi nei Balcani come i suoi antenati dal 1354 in poi.
Non dimentichiamo che la Turchia ha ottimi rapporti con parecchi stati balcanici. Le strette collaborazioni con l’Albania di Rama e col governo macedone forniscono alla Turchia un’ottima testa di ponte per una politica espansionistica verso Occidente. Proprio Erdogan si è prodigato nella ricostruzione di cinquecento case all’indomani del disastroso terremoto in Albania. Anche nella Serbia ortodossa, arci nemica della Turchia, qualcosa sta mutando.
Anche a Cipro sta avvenendo qualcosa. Difatti la Turchia vorrebbe ripopolare il quartiere abbandonato di Varosia nella città di Famagosta, al confine tra Cipro e Cipro Nord. E qui subentra l’Italia. La questione di Cipro è delicata sia per i perenni nervi tesi tra Turchia e Grecia, sia per il nostro Stato a causa dei contratti di perforazione per la ricerca del petrolio dell’Eni.
Un discorso analogo vale per la Libia, nella quale sembra si stia tornando agli equilibri pre-1911. L’Occidente europeo è circondato da nemici agguerriti e senza scrupoli. Da un lato deve combattere in modo pugnace l’islamizzazione voluta dal sultano Erdogan, dall’altro deve guardarsi dai nemici interni. Arriveranno tempi duri per l’Europa.
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