Il teatro dei Pupi siciliani rischia di scomparire per il Covid-19

La centenaria tradizione dei "Pupi siciliani" rischia di scomparire a causa del Covid-19 e dei pesanti strascichi lasciati da quest'ultimo sull'economia nostrana. 

Pupi siciliani

Tradizione siciliana

Tanti sono i ricordi ancestrali che riemergono dalle profondità della nostra mente quando pensiamo alla nostra splendida terra. La Sicilia, terra di conquista degli arabi, dei normanni, degli svevi e di varie altre potenze, racchiude nel suo territorio centinaia di tradizioni e luoghi immortali. Dalla cattedrale di Santa Maria Nuova – voluta da Guglielmo II nel XII secolo – alle meraviglie naturali delle Gole dell’Alcantara il passo è davvero breve.

Dalla bucolica provincia ennese si possono raggiungere in poche ore le splendide coste tirreniche o le meraviglie architettoniche della Valle dei Templi. Di certo, a causa di autostrade non all’altezza, il viaggio potrebbe risultare faticoso. Perché non fermarsi a Marzamemi per gustarsi gli splendidi pomodori di Pachino, magari rifocillandosi anche con un buon bicchiere di rosso, magari un Tancredi?

Purtroppo, tutte queste bellezze elencate poc’anzi rischiano di ritrovarsi presto un po’ più sole. Difatti, la leggendaria opera dei “Pupi siciliani” rischia di scomparire a causa della pandemia in atto, la quale – è risaputo – sta duramente colpendo l’economia. Si tratta di un patrimonio immenso, un’eredità immateriale passata tra le mani di generazioni di “pùpari“, la quale rischia di scomparire per sempre.

Un po’ di storia del teatro dei Pupi

La storia dei Pupi siciliani nasce tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Si tratta di una rappresentazione teatrale antica in cui i protagonisti provengono direttamente dal ciclo carolingio. Difatti è possibile trovare nelle rappresentazioni alcuni cavalieri del calibro di Orlando, Rinaldo, Ruggero e Ferraù. I pùpari, ovvero coloro che muovono queste “marionette“, conoscono a memoria opere come la Chanson de Roland, laGerusalemme liberata e l’Orlando furioso.

In mezzo ai grandi paladini, nella tradizione catanese, vi è anche la figura di “Peppininu“, ovvero lo scudiero di Orlando e Rinaldo. I pupi sono noti anche per il loro carattere sociale di sfida ai potenti. Difatti, quando i pupari volevano trasmettere un messaggio scomodo alle autorità, utilizzavano il “baccagghiu“, ovvero una lingua dai tratti astrusi e sconosciuta alla polizia.

Ad oggi, l’arte dei pupari è riconosciuta tra i patrimoni orali e immateriali dell’umanità e si tratta del primo patrimonio italiano a essere stato inserito in questa lista dell’UNESCO.

Il grido d’allarme del Museo internazionale delle marionette

A lanciare il grido d’allarme è stato il Museo Antonio Pasqualino, il quale si è fatto promotore di una consultazione con le compagnie di opera dei pupi attive in Sicilia. Quest’ultimi aderiscono alla Rete italiana di organismi per la tutela, promozione e valorizzazione dell’opera dei pupi riconosciuta dal Ministero dei Beni Culturali e del Turismo. Alla consultazione hanno partecipato undici famiglie di pupari siciliani, le quali stanno subendo gli effetti della quarantena impostaci in questi mesi.

Il blocco totale del Paese ha obbligato queste famiglie a dover cancellare gli spettacoli e ha impedito la stesura di una programmazione per l’anno venturo. Inoltre, “amaris” in fundo, è diventato impossibile sostenere le spese fisse per via dell’assenza di scolaresche e turisti. Altresì da questa consultazione sono arrivate delle notizie positive. Si è deciso di creare alcuni cataloghi digitali atti a classificare i materiali a disposizione delle compagnie (pupi, fondali e copioni).

Tutto il materiale sarà fruibile su questo sito www.operadeipupi.it .

Inoltre sono state identificate alcune misure eccezionali di salvaguardia da sottoporre agli enti locali a sostegno delle compagnie e del patrimonio da loro custodito, materiale o immateriale. I pupi siciliani non meritano un epilogo del genere.

 


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