L’Italia dopo il coronavirus? Le risposte del giornalista di Today Andrea Falla

Una giovane firma di Today.it una delle principali testate online, Andrea Falla, ci racconta degli scenari economici di questa grande crisi del coronavirus.

Cosa ne sarà della nostra economia? Ne abbiamo parlato con Andrea Falla, giovane giornalista romano firma economica e politica di Today, uno dei più grandi giornali online italiani. Una situazione, quella del nostro Paese, che preoccupa molte aziende. Ecco il punto di vista di un giovane giornalista esperto di economia.

1) Secondo Lei le misure previste dal governo nazionale, il pacchetto da 25 miliardi, saranno sufficienti per sostenere la crisi?

Ovviamente no. Si tratta di una cifra irrisoria vista la portata dell’emergenza  e che, come confermato anche dal Governo, rappresenta soltanto il primo di una serie di decreti economici con cui si cercherà di porre rimedio alla crisi provocata dall’emergenza coronavirus. L’impressione è che l’esecutivo stia cercando di “navigare a vista”, adottando misure graduali in base all’evolversi della situazione ma per evitare uno shock economico saranno necessarie molte più risorse.

2) Coronabond e sostegno dell’Unione Europea. Quanto sta facendo l’Europa per l’Italia?

Non molto, almeno questo fino a questo momento. Le parole del premier Conte in merito all’intervento dell’Ue ne sono senza dubbio una prova. L’idea dei coronabond, un meccanismo che permetta di redistribuire i debiti tra gli Stati dell’Eurozona, non è da sottovalutare. Per quanto la Germania, considerata la nazione più virtuosa, potrebbe non trovarsi d’accordo con questa proposta, emettere dei coronabond per aiutare gli Stati con una ridotta capacità di spesa, potrebbe rivelarsi un primo importante aiuto. Dico potrebbe perché poi, una volta terminata la crisi ed il blocco, tutti gli Stati dovranno mettere in atto degli interventi drastici per realizzare un effettivo rilancio. 

3) Tante le aziende che restano fuori dal paniere dell’estensione della cassaintegrazione: cosa si può fare?

Vista la portata dell’emergenza e delle misure che il Governo è stato costretto ad attuare, era inevitabile che qualcuno rimanesse fuori. Inoltre, era impensabile risolvere i problemi di tutti con i 25 miliardi del decreto Cura Italia. Capire come muoversi e quali decisioni prendere di fronte ad una situazione così nuova e inaspettata è sempre difficile. Sarà inevitabile l’impiego di altre risorse economiche, così da poter ampliare la platea dei beneficiari e non lasciare nessun lavoratore e nessuna azienda ad un infausto destino. 

4) Mario Draghi ha suggerito di mettere mano al debito pubblico, non c’è altra soluzione. Servono scelte più coraggiose…

Senza dubbio sì. Ci troviamo di fronte ad una situazione nuova, che ha già sconvolto l’economia globale. E’ come se ogni Stato stesse affrontando una guerra e, come in caso bellico, l’indebitamento diventa un’esigenza inderogabile. Per quanto le dinamiche dell’economia mondiale siano complesse e rigide, scardinare le regole su cui è stata fondata l’Unione europea è proprio una di quelle scelte coraggiose che potrebbero essere messe in atto. D’altronde, a parer mio, sarebbe folle attenersi a rigide regole finanziarie (benché sia più che doveroso farlo nella maggior parte delle circostanze), se in gioco ci sono le vite di migliaia di persone.

5) Tra i vari Paesi nel mondo, chi secondo lei sta eseguendo meglio le misure a sostegno dell’economia nazionale?

L’approccio al problema è stato differente nei vari Paesi, soprattutto per quanto riguarda la tempistica. L’Italia si è mossa prima delle altre, ma nelle misure economiche, almeno allo stato attuale, ci sono ancora dei “buchi” e delle carenze da riempire. Gli Stati Uniti hanno messo in atto un piano mastodontico che, tra le varie misure, prevede prestiti a garanzia statale per oltre 350 miliardi di dollari a favore delle piccole imprese e altri 500 miliardi di dollari per creare un fondo per il sostegno finanziario delle società più colpite. La Spagna sta pensando ad una sorta di “scudo sociale”, la Gran Bretagna ha messo in campo un piano di prestiti e garanzie per le aziende da 330 miliardi e la Germania ha rotto il tabù del debito, approvando sussidi e sovvenzioni per imprese e lavoratori. Fare un confronto è impossibile, per via delle differenze sostanziali tra i Paesi e, di conseguenza, per le cifre messe in campo. Chi sarà stato il più bravo? Soltanto il tempo potrà darci una risposta.

6) In ultima analisi, parliamo di scenari futuri. Lei come se lo immagina il day after in Italia? Ci saranno settori più indietro di altri? Come si può ripartire davvero?

Più che un “day after” parlerei di “months after” (chiedo scusa per il gioco di parole). Anche i maggiori esperti fanno fatica a fare previsioni, ma credo che sarà difficile una ripresa “in blocco”. Immagino più un rilancio graduale, magari partendo dalle Regioni che riescono a ridurre al minimo i contagi, allargando con parsimonia le maglie delle restrizioni, ma sempre con la dovuta cautela. Purtroppo, a causa della dinamica con cui il nuovo coronavirus si propaga, tutte le attività che prevedono la socialità e l’assembramento di persone, sono senza dubbio le più colpite. Anche in caso di ripresa, settori come quello della ristorazione o del turismo, dovranno per forza di cosa partire “dopo”, con tutte le conseguenze del caso. Ripartire davvero non sarà semplice e richiederà molto tempo, oltretutto non va dimenticato che questo prolungato isolamento cambierà (o ha già cambiato) la vita e le abitudini delle persone. Un primo passo dare nuova linfa all’economia potrebbe essere proprio quello di intercettare le nuove necessità delle persone, costrette a vivere in questa nuova condizione. Poi il potenziamento dell’autoproduzione, un sistema sicuro di controlli sanitari e una diversa organizzazione del lavoro, potrebbero essere altre chiavi di ripresa. 


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