Il processo a Salvini e quella magistratura screditata dal caso Palamara
Con la decisione da parte della maggioranza giallorossa di mandare a processo Matteo Salvini, si è appena riconfermata la genuflessione del Parlamento alla magistratura. Questo gesto ci ha permesso di evincere un dato di fatto: la politica migratoria spetta alle procure e non ai governi della Repubblica. Siamo di fronte ad una contingenza particolare, nella quale la magistratura – ancora profondamente ferita dallo scandalo Palamara – si ritrova di nuovo chiusa a riccio nella difesa dei suoi interessi corporativi.
Inoltre, il ministro della Giustizia è totalmente al servizio del partito delle procure. Se veramente l’Italia vuole continuare a definirsi una democrazia, dovrebbe riaffermare con forza il principio fondamentale della separazione dei poteri e del primato della politica. Non vi è più lo scudo dell’articolo 68, ma di certo ella non può rimanere ostaggio di una magistratura interventista e pronta ad azionarsi poco prima delle elezioni. Dal Senato non è arrivata la riscossa. Anzi, totalmente il contrario.
Il Senato non era chiamato a pronunciarsi sull’esistenza del reato di sequestro di persona. Nemmeno se sull’operato di Salvini siano stati raccolti abbastanza indizi per processarlo. Il suo unico compito sarebbe stato quello di stabilire se da ministro dell’Interno agì “per il perseguimento di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante“. Questa garanzia non è conferita alla persona, ma all’incarico ricoperto. Dunque, essa è irrinunciabile.
L’Italia non è un paese normale
Al momento dell’esplosione del caso Diciotti, Salvini intervenne affermando che non si trattava di un reato commesso dal leader di un partito, ma di una decisione che poteva essere presa soltanto da chi ricopriva un incarico di governo. Dunque sarebbe stato corretto applicare la speciale procedura prevista dall’articolo 96 della Costituzione. Quando l’allora ministro dell’Interno riferì di aver agito in nome di un “preminente interesse pubblico“, il Senato gli diede ragione.
Anzi, il premier e i ministri pentastellati fecero pubblicamente mea culpa, rivendicando orgogliosamente la scelta di Salvini di bloccare 177 migranti a bordo di una nave militare italiana. Si trattò di un atto politico, dunque insindacabile. Altresì, appena cambiò il governo, Conte e i grillini fecero dietrofront. Accusarono Salvini prima sulla vicenda Gregoretti e successivamente sulla Open Arms. Con sprezzo del ridicolo, i primi a dare il loro “pollice verso” sono stati proprio loro.
Se fossimo in un Paese normale, Salvini avrebbe buon gioco a dimostrare che anche per il caso Open Arms, la decisione fu collegiale. Difatti ha già annunciato che chiamerà Conte come correo davanti ai magistrati. Purtroppo l’Italia – come testé detto – non è un Paese normale. Il voto di ieri contro Salvini è suonato come una implicita condanna politica per Conte, Di Maio e Toninelli, sequestratori di migranti a loro insaputa e anche – da quel che si intravede – all’insaputa dei magistrati.
Salus rei publicae? No, delegittimazione morale
La scelta di Salvini di non far attraccare uno di quei “taxi del mare” – come li chiamava ai tempi Luigi Di Maio – fu una decisione politica netta e precisa. Ovviamente criticabile, ma che rispondeva a due valori squisitamente politici: la salus rei publicae e la volontà popolare, paradigma fondamentale di una democrazia. Col voto del Senato, quest’ultima è stata brutalmente violentata.
Di certo non ci si deve aspettare un consesso di belle anime e gentiluomini all’interno della politica: i colpi bassi sono all’ordine del giorno. Ma quando essi si propongono di eliminare un avversario politico con mezzi illegittimi, siamo già fuori dal perimetro della civiltà. Si tratta di una vecchia storia che va avanti da tempo. Da Bettino Craxi a Berlusconi sino a Salvini. Nulla di nuovo in Italia, purtroppo.
Siamo alle solite: la vecchia tattica di delegittimazione dell’avversario risale le radici comuniste e azioniste della sinistra italiana. Che dire poi del “doppiopesismo” renziano? Il garantista con gli amici e il giustizialista, accompagnato da sofismi e bizantinismi vari, con i nemici? Il personaggio Matteo Renzi ormai rasenta il ridicolo. E il suo bacino di voti ormai raschia il fondo del barile.
Ciò che conforta di fronte ad uno stato comatoso della nostra democrazia è l’aver ormai scoperto il gioco di una certa parte della magistratura, della sinistra e del deep state antisalviniano. Gli italiani non se la bevono più. Prima o poi l’esoso conto dovrà essere pagato da questa cricca indegna e illiberale, la quale teme il voto come il diavolo teme l’acqua santa.
Gli sbarchi in Italia continuano, il Nord segue il Sud nella rivolta
A rischio vi è la tenuta e la sicurezza del nostro sistema sanitario e sociale, ma gli sbarchi continuano con una media spaventosa: tra le 23:00 di martedì e le 8:00 di mercoledì, Lampedusa ha contato 23 sbarchi con 334 migranti. Praticamente due sbarchi e mezzo ogni ora. La situazione preoccupa tutti, dai cittadini ai governatori delle varie Regioni. Dal Nord sono arrivate le prime proteste: dal Friuli al Piemonte, passando dalla Toscana all’Emilia-Romagna.
Il piemontese Alberto Cirio è stato il primo a dire basta e a scrivere al ministro dell’Interno per informarlo sulla gravità della situazione in Piemonte. Un attacco è arrivato anche da Nello Musumeci, presidente della Regione Sicilia: “C’è approssimazione, superficialità, e impotenza da parte degli organi di Stato nell’affrontare il fenomeno migratorio. La nostra pazienza è al limite“.
Ma anche dallo stesso governo giallorosso arrivano le prime sollecitazioni. Luigi Di Maio – il quale adesso imita Salvini – ha invitato l’Europa ad aprire gli occhi sulla questione. “Non dobbiamo avere paura di dire che in questo momento l’Italia da sola non ce la può fare. Serve un’azione di ampio respiro sul tema, che salvaguardi la tenuta sociale del Paese“. Inoltre, nelle ultime ore, il Viminale sta provando a cercare delle scuse.
La stessa Lamorgese ha affermato che questa situazione non potrà andare avanti ancora per molto tempo: “Per noi sono inaccettabili questi arrivi continui, che stanno collassando l’intera isola di Lampedusa“. A breve potrebbero collassare anche – come nel domino – la Sicilia e successivamente l’Italia intera. Si saranno svegliati i nostri cari governanti? O si tratta delle solite parole gettate al vento?
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