Nel XIV secolo prese piede un virus che dalle steppe asiatiche si è diffuso in Occidente. Oggi una nuova epidemia inizia a destare allarmismo e preoccupazione. In Cina, esattamente a Wuhan, in questi giorni si sono registrati i primi casi di un nuovo virus: si contano già 106 morti e circa 4000 contagi. Che cos’è il coronavirus? Appartiene alla famiglia dei virus respiratori; può essere trasmesso da persona in persona per via aerea e per contatto diretto, si presenta con tosse, febbre e in casi più gravi anche con polmonite. Può però presentarsi in condizioni asintomatiche. L’OMS ha già dichiarato un rischio elevato di contagio.
Nel frattempo il governo cinese ha messo in sicurezza le frontiere impedendo l’abbandono del paese. Ha annullato i festeggiamenti del capodanno per evitare un epidemia di massa. Gli USA hanno deciso di far rientrare i propri diplomatici. Stessa scelta per Gran Bretagna,Francia e Corea del Sud. L’Italia sta ancora valutando un modo per far rientrare i propri concittadini (si contano circa 70 persone).
Viene da chiedersi: com’è possibile nel 2020 parlare ancora di epidemie da mettere a rischio l’intera umanità? Non è che gli scienziati giocano a fare Dio nei laboratori? Si sa, più scoperte “scottanti” si fanno, più si invoglia la sete di potere dei “grandi”. Il progresso tecnologico e l’avanzamento degli studi medici e biomedici ci ha condotto quasi sempre una soluzione per ogni male che affligge l’uomo. Solo alla cattiveria non hanno trovato rimedio!
Badate bene che è lecito scoprire anche il lato negativo della ricerca: forse sono proprio questi i punti di partenza. Ciò che non è tollerabile è l’uso e l’abuso che ne viene fatto! Ogni giorno migliaia di uomini si sottopongono a esperimenti in cambio di denaro: sono disposti a mettere a rischio la propria vita pur di avere un riscontro economico. Continuano a testare sugli animali prodotti per studiarne gli effetti: questi molto spesso vengono torturati fisicamente e psicologicamente. Per non parlare dello smaltimento dei rifiuti sanitari e tossici, chissà quanta spazzatura è stata negli anni sotterrata o versata nei nostri mari, causando disagi non solo alla natura ma a chi la abita. Nel XXI secolo tutto questo è davvero intollerabile.
Edgar Morin, un noto filosofo e sociologo francese, padre e fondatore della epistemologia della complessità (l’epistemologia è una branca della filosofia che studia i metodi riguardanti la conoscenza scientifica; l’epistemologia della complessità si occupa invece dello studio dei sistemi emergenti e dei fenomeni) disse:
“La planetizzazione significa ormai comunità di destino per tutta l’umanità. Le nazioni consolidavano la coscienza delle loro comunità di destino con la minaccia incessante del nemico esterno. Ora, il nemico dell’umanità non è esterno. È nascosto in essa. La coscienza della comunità di destino ha bisogno non solo di pericoli comuni, ma anche di un’identità comune che non può essere la sola identità umana astratta, già riconosciuta da tutti, poco efficace a unirci; è l’identità che viene da un’entità paterna e materna, concretizzata dal termine patria, e che porta alla fraternità milioni di cittadini che non sono affatto consanguinei. Ecco che cosa manca, in qualche modo, perché si compia una comunità umana: la coscienza che siamo figli e cittadini della Terra-Patria. Non riusciamo ancora a riconoscerla come casa comune dell’umanità.”
L’uomo è sempre stato un cosmopolita ma adesso, non ha più una casa sicura. Oggi, l’intera umanità viene messa repentaglio da chi, chiuso in un laboratorio si destreggia tra provette e batteri, giocando a fare Dio aiutato dalle “grandi potenze”. A pagarne le conseguenze? Noi non più cittadini del mondo in mano alla superbia di chi non ha una coscienza umana. Le parole di Morin sono un chiaro riscontro di una triste realtà. Non ci resta che avere spes contra spem
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